La “visual fiction” di Ballard

La letteratura fantascientifica e distopica dell’ultimo secolo sono caratterizzate da dettagliate ambientazioni che non fungono semplicemente da sfondo alla trama, ma la articolano, fornendole significati simbolici e diventando espressioni concrete delle visioni degli autori. Tra i numerosi autori di fantascienza, J.G. Ballard in particolare si lascia ispirare dalle proprie visioni oniriche e dall’arte, affidando alla dimensione visiva il significato delle proprie opere, che per questo motivo vengono definite dai critici “visual fiction”.

Tra gli scenari ballardiani più suggestivi e ricorrenti vi sono le rovine urbane, le cui immagini suscitano un fascino speciale: le vestigia di una civiltà non sono semplicemente la prova della loro esistenza, ma un retaggio capace di trasmettere contemporaneamente immagini di splendore e decadenza. Le rovine sono testimonianze della grandezza dell’umanità, del suo declino e soprattutto della transitorietà di una realtà data spesso per scontata.
Come lo stesso autore dichiarò in un intervista condotta da Travis Elborough: “Reality is a stage-set” (J.G. Ballard)

Sono qui proposte delle analisi su Vermilion Sands e The Drowned World, due opere esemplificative dello stile visionario di Ballard, e un articolo in cui lo stesso autore abbozza un manifesto del suo stile.