Intervista a Marta Zonca: Maria Edgeworth, Janet Schaw e l’Impero

A mo’ di presentazione

Marta Zonca si è laureata nel 2021 presso l’università del Piemonte Orientale con una tesi sul Journal of a Lady of Quality di Janet Schaw (1774-6) e Belinda di Maria Edgeworth (1801), sotto la supervisione di Carla Pomarè e Marco Pustianaz. La tesi, frutto del lavoro di parecchi mesi, presenta l’analisi di queste due opere scritte a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo in prospettiva post-coloniale e si suddivide grosso modo in tre parti:

  • la prima delinea il profilo biografico delle due autrici ponendo particolare attenzione sul loro rapporto con l’Impero Britannico;
  • la seconda affronta il tema della domesticity e il modo in cui pervade i due testi;
  • la terza si focalizza sul corpo dell’Altro inteso come diverso rispetto alla norma, il modo in cui viene percepito e immaginato.

Attualmente Marta sta lavorando a un progetto sulla cultura italiana negli Stati Uniti e forse un giorno riprenderà la caccia agli scritti autografi di Janet Schaw come ci racconta in quest’intervista…

Antigua
Se vi state chiedendo se l’immagine qui sopra raffiguri la costa scozzese o antiguana, beh, si tratta della seconda

L’intervista

Da dove hai preso lo spunto iniziale per la tua tesi? Hai incontrato queste due autrici durante il tuo percorso di studi o le hai scoperte in circostanze diverse?

Ho scoperto Maria Edgeworth alla triennale, grazie a un corso che ho frequentato durante il mio periodo di Erasmus alla Høgskulen i Volda, in Norvegia. È stato un corso molto proficuo perché mi ha anche dato lo spunto per la mia tesi triennale sulle lettere di viaggio di Mary Wollstonecraft. Questo per quanto riguarda Edgeworth. Invece, nel caso di Janet Schaw, ho trovato alcuni accenni a quest’autrice in Romantic Literature and Postcolonial Studies di Elizabeth Bohls (2013).

Innanzitutto, però, la scelta dell’argomento per la tesi magistrale è stata guidata dal mio interesse per la relazione tra la scrittura romantica e l’impero in espansione vista attraverso la lente del post-colonialismo. In apparenza questa relazione potrebbe sembrare una forzatura, perché l’Impero Britannico si è sgretolato solo nel Ventesimo secolo, ma proprio questo ha suscitato il mio interesse e il mio desiderio di indagare ulteriormente l’argomento.

Poi, volevo lavorare su testi prodotti da donne, anche non strettamente letterari. Così sono giunta a occuparmi di due testi diversi tra loro che però ben dialogano l’un con l’altro: il romanzo Belinda e il travelogue di Schaw. Tra l’altro, c’è un dato interessante che accomuna le due autrici a livello biografico, ovvero una certa perifericità: Maria Edgeworth era di origine irlandese, mentre Janet Schaw era scozzese. Ma se Schaw sperimenta in prima persona la vita nelle colonie dell’impero, Edgeworth entra in contatto con i soggetti dell’impero senza lasciare la sua terra – conseguenza diretta della politica espansionistica e dominatrice.

Quindi, partendo da un campo d’indagine piuttosto ampio, in un secondo momento hai ristretto il tuo orizzonte di indagine a queste due autrici e a questi due testi formulando una prima ipotesi…

Esatto. I due testi si prestavano a un’analisi in questa ottica e dialogavano bene tra di loro. A suscitare il mio interesse sono state anche le domande aperte attorno a Belinda dovute alle differenze tra le varie edizioni. Dalla prima edizione del 1801 alla terza del 1810, il romanzo ha subito delle modifiche, in particolare per quanto riguarda la rappresentazione delle relazioni romantiche tra le donne inglesi e gli uomini delle West Indies, sia creoli che afro-discendenti. Nell’edizione del 1810, Edgeworth ha reso meno visibili i suoi personaggi delle colonie, meno integrati socialmente nella società inglese. E ha definitivamente bandito dalla narrazione lo spettro del matrimonio interrazziale tra il “black man” Juba e l’inglese Lucy, perché, nell’ultima versione di Belinda, Juba viene sostituito da Jackson, un inglese bianco.

Si è ipotizzato che le modifiche siano state apportate su insistenza del padre di Maria, Richard Lovell Edgeworth, ma anche leggendo le lettere non è possibile stabilire in che misura l’influenza del padre e il giudizio dell’autrice abbiano inciso su queste scelte. Tra le altre cose, è plausibile che su queste modifiche abbiano avuto un peso costrizioni legate al mercato a cui il libro era destinato, o considerazioni di opportunità.

E vi sono stati ‘cambi di rotta’ rispetto alle tue ipotesi ed idee iniziali?

Mi sono trovata a formulare nuove ipotesi e a scoprire altri elementi interessanti man mano che proseguivo nella lettura dei testi primari. Per esempio, ho visto che, a differenza di quanto mi aspettavo, il tema della domesticity emergeva in modo significativo anche in Schaw. Mi ha colpito molto anche l’attenzione che Journal of a Lady of Quality dedica alle donne nelle West Indies. Questo ha favorito il dialogo con Belinda, che a sua volta ha riservato delle sorprese, dal momento che – per esempio – si chiude con degli interrogativi su dove finiscono alcuni personaggi.

Questo movimento dal centro alla periferie e da lì allo spazio tra le quattro mura domestiche, poi seguito da una nuova apertura, per esempio verso la Germania, mi ha portata a riflettere su chi dovesse essere al centro dell’impero.

Cosa ti ha più appassionata nello scrivere la tesi? E, per converso, che cosa hai trovato più difficile?

Le due cose si legano tra loro. Ci sono ancora margini di indagine in merito a Schaw, ed è proprio questo che mi ha appassionata di più. Riguarda la localizzazione delle copie esistenti e la ricostruzione della storia del manoscritti del Journal of a Lady of Quality, di cui sappiamo ancora poco. Siamo a conoscenza dell’esistenza di tre copie, una in Nuova Zelanda, un regalo della “zia Janet” a un nipote, una un tempo in possesso della British Library e una negli Stati Uniti, donata alla North Carolina University di Chapel Hill dal genealogista Vere Langford Oliver, che l’aveva trovata in una bancarella. Questo è il manoscritto che ha permesso di identificare Schaw come l’autrice dei testi in esame, perché conteneva una dedica al fratello Alexander.

Della copia che faceva parte della collezione della British Library, invece, si sono perse le tracce…

Perse le tracce? Cosa è successo?

Non è chiaro. L’edizione curata da Charles McLean Andrews ed Evangeline Walker Andrews si basa sul manoscritto un tempo conservato alla British Library… Oggi, però, quel manoscritto non è reperibile.

Illustrazione viaggi di Schaw
Fonte: https://docsouth.unc.edu/nc/schaw/schaw.html

Oltre ai testi primari, è stato facile reperire testi critici e materiale autografo?

Non ho avuto grandi problemi, ma i testi critici su Schaw sono pochi. Dopo un iniziale interesse negli anni Venti e Trenta, il suo lavoro è stato trascurato per decenni e poi riscoperto solo negli anni 2000. Per avere qualche informazione in più, su suggerimento della professoressa Pomarè, ho provato a rintracciare il testamento di Schaw e ne ho trovato uno del 1801 attribuibile a lei e sottoscritto dal fratello. Qui però non viene fatto cenno al manoscritto.

Parte del lavoro è stato svolto durante la pandemia. Questo ha influito in qualche modo sulla tua ricerca, a livello organizzativo, di contenuti e di approccio?

Leggere un diario di viaggio durante la pandemia mi ha dato in certi momenti delle opportunità di evasione. E scrivere una tesi su questi testi mi ha dato un nuovo obbiettivo così che mi sono concentrata sul lavoro. A volte sentivo il bisogno di uscire, ma tra novembre e dicembre e tra gennaio e febbraio non si poteva…

Ci sono stati anche altri risvolti positivi: ho sempre preferito lavorare sul cartaceo ma le circostanze mi hanno costretta a sfruttare di più gli archivi digitali, che sono uno strumento importante; e poi la pandemia mi ha portata a guardare con occhi diversi alcuni dei passi che leggevo.

Se potessi tornare indietro nel tempo cosa faresti in modo diverso?

Ora, per un progetto sulla cultura italiana negli Stati Uniti, sto lavorando molto negli archivi, cosa che non ho potuto fare per la tesi magistrale. Quindi, se potessi tornare indietro, mi piacerebbe consultare di persona del materiale di archivio relativo al soggetto della mia ricerca: per esempio, le lettere dei fratelli di Janet Schaw.

L’idea per questa intervista ci è venuta in mente pensando agli studenti nelle fasi finali del loro percorso di studi in materie umanistiche. Hai consigli per chi si appresta a scrivere una tesi su temi analoghi a quelli su cui verte la tua ricerca?

Non farsi spaventare.

A volte sembra che ci sia troppo da leggere e da fare, ma pian piano le idee si definiscono e la strada si delinea da sé. Questo vale anche per la scrittura. Il mio consiglio è iniziare e andare avanti a scrivere, per poi rileggere e rendere il discorso più scorrevole. Non fatevi intimidire dal foglio bianco.

È così anche per la scelta degli argomenti. I saggi critici sono tanti ma contengono anche tanti interrogativi lasciati irrisolti e consentono a chi legge di porsi altre domande.

Ci piacerebbe concludere questa intervista come fa Paolo Mieli a Passato e presente, quindi ti chiediamo: hai consigli di lettura sull’argomento della tua tesi?

Per quanto riguarda Belinda, consiglierei di partire dal romanzo e non dai testi critici. La prima volta è bello immergersi semplicemente nella storia. Per quanto riguarda Schaw, consiglio di leggere il volume di Elizabeth Bohls, perché tra le altre cose affronta il tema del post-colonialismo nella dimensione scozzese fornendo delle premesse utili alla lettura. Più in generale, dà degli ottimi spunti di partenza per chi è interessato al rapporto tra Romanticismo e post-colonialismo.

Marta prenderà parte alla tavola rotonda del 29 aprile, l’evento conclusivo della Giornata di studio Catastrofi e altri disastri. Se volete saperne di più, date un’occhiata anche alle interviste agli altri partecipanti.


Come citare questo post

  • Ogliari, Elena, e Ginevra Paparoni. “Intervista a Marta Zonca: Maria Edgeworth, Janet Schaw e l’Impero.” Geolitterae, Università degli Studi di Milano, https://geolitterae.unimi.it/?p=1414

Materiale bibliografico di riferimento