Nella nostra intervista, Ilaria Manenti, dottoranda in studi linguistici, letterari e interculturali presso l’Università degli Studi di Milano, presenta il progetto a cui sta lavorando: “Paradigmi geografici e identitari, tra localismo e cosmopolitismo: il complesso delle origini in Thomas Bernhard ed Elias Canetti“.
Il suo studio, che interseca analisi letteraria e geografia umanistica, si incentrerà sulle opere di Thomas Bernhard ed Elias Canetti. La ricerca coinvolgerà le diverse tipologie di spazio e luoghi presenti nelle produzioni dei due autori austriaci. Ilaria Manenti accosterà la topografia letteraria a due concetti capisaldi dell’analisi geo-sociologica: topophilia e topophobia – le motivazioni per cui e le modalità attraverso cui i personaggi bernhardiani e canettiani mostrano vicinanza emotiva o rifiuto categorico nei confronti di luoghi particolarmente significativi. Le fasi finali del progetto includeranno un’analisi sui gender studies riguardante la limitazione spaziale imposta ai personaggi femminili delle opere.
L’intervista
Raccontaci un po’ di te, potresti parlarci del tuo percorso di studi, cosa ti ha portato a scegliere di studiare lingue e letterature? Una presentazione in generale per far capire ai nostri futuri lettori chi sei e cosa fai.
Certo, assolutamente. Io sono Ilaria Manenti, sono una dottoranda del XXXVII corso del dottorato in studi linguistici, letterari, interculturali, in ambito europeo ed extraeuropeo presso l’Università degli Studi di Milano. Ho studiato sia per quanto riguarda la laurea triennale, che la laurea magistrale, presso l’Università degli studi di Milano, lingue e letterature straniere in triennale e lingue e letterature europee ed extraeuropee in magistrale.
Riguardo alla scelta del percorso di studi, ho sempre considerato le lingue e letterature straniere particolarmente interessanti. Inizialmente, mi sono avvicinata alla lingua inglese e alla cultura anglofona, data anche la maggiore reperibilità dei materiali, e successivamente mi sono appassionata allo studio del tedesco di cui poi mi sono innamorata, e alle rispettive letterature soprattutto in ambito contemporaneo. Per questo motivo la mia scelta mi è sembrata molto netta, quasi necessaria.
Per quanto riguarda il dottorato, invece, il mio progetto si intitola “Paradigmi geografici e letterari tra localismo e cosmopolitismo: il complesso delle origini in Thomas Bernhard ed Elias Canetti”. La tematica deriva da un duplice interesse, sia di studio che di ricerca, e si rifà al rapporto tra costruzione identitaria e rappresentazione soggettiva del territorio, espressa attraverso la descrizione letteraria. È evidente che per produrre uno studio del genere vengano coniugate discipline apparentemente distanti come la geografia e letteratura.
Hai dedicato gli anni della tua formazione universitaria allo studio della letteratura tedesca. Questa passione deriva dagli studi o da interessi personali pregressi?
La mia passione chiaramente deriva da un interesse personale, ma degli spunti notevoli mi sono arrivati dal workshop organizzato dall’università degli studi di Milano del 2019, che si intitolava “Spazi, narrazioni e Digital Humanities”, organizzato dalla professoressa Brazzelli. Anche in questo caso si sono coniugate delle discipline apparentemente distanti e che poi mi hanno portato al mio progetto di dottorato. Per quanto riguarda il tedesco, all’inizio ero convinta che i miei studi mi avrebbero portato verso l’anglistica. Invece, durante il percorso universitario, la mia passione per la letteratura tedesca ha prevalso, anche se chiaramente la passione per la letteratura inglese rimane.
Sicuramente la letteratura tedesca mi ha sempre affascinato, ma è stato proprio grazie alla mia formazione universitaria e grazie alla guida di docenti che mi hanno fatto appassionare alla materia, che ho capito che quello era l’ambito che volevo approfondire. Tuttavia, cerco di mantenere uno sguardo più ampio possibile soprattutto in termini di ricerca. È innegabile che il connubio tra letterature e geografia riguardi per lo più l’anglistica, mentre per quanto riguarda la letteratura tedesca esso è meno considerato, quindi, studi simili sono sempre meno diffusi. E questo è uno stimolo per applicare questo tipo di paradigmi alla letteratura tedesca.
Entriamo un po’ nel vivo dei tuoi studi: quali sono le peculiarità di Thomas Bernhard e Elias Canetti? Perché hai incentrato la tua ricerca su questi due autori?
È una domanda complessa. Allora, iniziamo con il dire che l’importanza che Canetti e Bernhard rivestono nella letteratura di lingua tedesca è indiscutibile. Giusto per contestualizzare: dopo un esordio in sordina, Die Blendung, unico romanzo e più famoso scritto di Elias Canetti, è riconosciuto come uno dei grandi romanzi del Novecento. Esso non ha eguali nella narrativa contemporanea, perché in esso si riconosce il riflesso di una società malata, in cui nessuna delle figure risulta positiva o psicologicamente stabile (grande tema novecentesco). Allo stesso modo, per quanto riguarda Bernhard, dopo la sua prematura scomparsa, la critica ha cominciato a definirlo uno tra i più importanti artefici della prosa di lingua tedesca del secondo dopoguerra.
Bernhard è prolifico, discontinuo e nelle sue opere predilige, come Elias Canetti, delle tematiche molto opprimenti, oscure, affrontate servendosi di uno stile certamente non scorrevole né immediato, ma proprio per questo divenuto sua cifra stilistica, un suo tratto distintivo. Riconosciamo delle convergenze tra i due: nei romanzi di entrambi, l’ignoranza, l’ipocrisia, l’egoismo permeano i diversi strati sociali.
I personaggi che li caratterizzano sono assolutamente creazioni iperboliche, esagerate, risultano spesso talmente grotteschi da far ritenere che i due autori si siano quasi presi gioco della distinzione tra il comico e il tragico, perché? Proprio per smascherare degli atteggiamenti, delle finzioni, delle false certezze che hanno caratterizzato la società austriaca del Novecento. Un ulteriore particolarità: il loro rapporto è ben chiaro e riconosciuto da entrambi. I due non furono legati soltanto da tematiche comuni, da una produzione comune e da una comune fama, ma anche da un rapporto personale ed epistolare, che inizialmente era improntato sul rispetto e sulla stima reciproca, ma che successivamente si trasformerà in un’animosità pubblica.
Comunque, entrambi inizialmente riconoscono nella narrativa, nelle rispettive produzioni, delle somiglianze, il che è un aspetto che mi ha portato poi alla produzione di un progetto di dottorato che li “accomunasse”, possiamo dire. I punti di contatto tra i due sono molteplici. Alcuni esempi: la rappresentazione dell’intellettuale antisociale, emarginato e unicamente dedicato allo studio; una radicata misantropia che poi si declina in un’evidente misoginia; così come la difficoltà di comunicazione tra l’uomo di pensiero e il microcosmo di personaggi della narrazione. Tra l’altro, ulteriore curiosità è il fatto che Canetti stesso riconosce in Bernhard un possibile successore letterario, un figlio spirituale. Tutti questi sono elementi che hanno fatto sì che io pensassi a uno studio comparato dei due.
Un’altra domanda che volevamo farti sempre in merito al tuo studio: tu accenni alla geocritica e alla geografia umanista. Che passi comporta una ricerca basata su questi concetti? Di quali strumenti interdisciplinari ti avvali per poter portare avanti questa ricerca?
Allora, un aspetto che non ho sottolineato nella risposta precedente è che Thomas Bernhard ed Elias Canetti sono uniti da un punto di vista sia letterario che biografico e personale da un radicato Herkunftskomplex, che è quello che io ho tradotto come “complesso delle origini”. Cos’è questo complesso delle origini: è un rapporto, un approccio problematico relativo alle proprie origini, non soltanto per quanto riguarda i rapporti familiari, ma anche in merito all’ambiente stesso in cui i due sono nati e cresciuti. Considerando dunque sia che l’origine degli autori, sia che la loro produzione letteraria appaiono fortemente legati a luoghi specifici, secondo me risulta di notevole importanza critica approfondire come l’interazione tra questo complesso dell’origini e la topografia letteraria creata dai due autori venga declinata, non solo nella loro produzione autobiografica, ma anche nella narrativa e nella drammaturgia.
Parlando della mia ricerca: nella prima fase del mio progetto vorrei intersecare la mera analisi letteraria con la geografia umanistica. Infatti, Yi Fu Tuan, un autore caposaldo di questo tipo di ricerca, considera il luogo non soltanto come un dato di fatto da spiegare nella cornice più ampia dello spazio (anche qui distinzione tra luogo e spazio), ma anche come una realtà da comprendere dal punto di vista e dalla prospettiva delle persone che danno un senso a questo luogo. Dunque, particolare attenzione verrà posta sulla relazione che emerge tra ambiente e creazione di identità, e sulle eventuali somiglianze e differenze tra l’approccio più localistico e l’impronta più cosmopolita tipica di Canetti.
Nella seconda fase dello studio analizzerò le diverse tipologie di spazio proposte dai due autori. Quindi: spazi chiusi e aperti, pubblici e privati, reali e fittizi, noti e non noti. Inoltre, vorrei accostare la topografia letteraria precedentemente individuata nella prima fase, con concetti quali “topophilia” topophobia” considerati capisaldi delle analisi geo-sociologica, che, come ho detto prima, sono raramente stati utilizzati in ambito tedescofono per uno studio di matrice letteraria.
Più specificamente, attraverso tali paradigmi, vorrei analizzare le modalità sia narrative che stilistiche relative all’espressione dell’appartenenza, o del rifiuto, verso determinati luoghi, paesaggi, elementi urbani, edifici, che emergono dalle opere di questi due autori. Verrà applicata un’analisi geo-sociologica sia nell’approccio di Bernhard e Canetti (in quanto protagonisti delle loro autobiografie), sia su come la loro percezione geografica declini la ricerca identitaria autoriale nei protagonisti dei romanzi e dei drammi, cercando di capire come la percezione dei due autori si declini poi nelle loro opere.
L’ultimo step della mia ricerca vedrà comparire i gender studies: vorrei analizzare più nello specifico la limitazione spaziale imposta alle figure femminili presenti nelle opere dei due autori; nonché la modalità di rappresentazione con cui tali figure vengono descritte. Questo per dare uno sguardo più o meno rapido e di insieme del mio progetto e delle fasi che esso prevede.
Tornando a dei concetti a cui hai appena accennato, in che senso potresti definire problematico l’approccio dei due autori ai luoghi delle loro origini? E in quali termini puoi definire Canetti un autore più cosmopolita? Su cosa si basa l’approccio localistico di Bernhard?
Dobbiamo ritornare a quello che stavo dicendo prima, ossia che Canetti riconosce in Thomas Bernhard un erede, riconosce una somiglianza per quanto riguarda le loro opere. In che senso riconosce questa somiglianza!? Canetti stesso commentando la sostanziale continuità tematica tra Die Blendung, la sua opera più celebre, e il primo romanzo pubblicato da Bernhard, cioè Frost – “Gelo” in italiano – sottolinea come un evidente differenza tra le proprie narrazioni o tra i propri approcci, risieda proprio in un elemento spaziale, in quanto Bernhard trasla l’isolamento che caratterizza il microcosmo dei personaggi di Die Blendung nella campagna salisburghese – dove Bernhard è nato e cresciuto.
Il setting dei componimenti bernhardiani è solo raramente la città. Molto più frequenti sono, invece, l’ambiente rurale o il paesaggio alpino, scelti come simboli dell’isolamento culturale dell’arretratezza che permeano le opere dello scrittore, egli stesso così radicato nella campagna austriaca. Gli scritti dei due autori, a partire dalle rispettive autobiografie, sono ben ancorati in questi spazi precisi. Già dal primo esempio lo possiamo capire.
Gli spazi delle narrazioni dei due autori sono chiari e identificabili: abbiamo Vienna e il distretto di Sankt Johann im Pongau, per quanto riguarda Thomas Bernhard nel salisburghese, e l’ambiente mitteleuropeo per quanto riguarda invece Canetti. Dunque, il sostanziale localismo bernhardiano si contrappone a questo cosmopolitismo quasi cittadino canettiano. Sebbene i due autori siano caratterizzati da questa comune difficoltà a rapportarsi con le proprie radici, tale condizione è determinata da vicende biografiche e da contingenze storiche, se vogliamo, completamente opposte.
Canetti nasce in un paese chiamato Rustschuk nell’attuale Bulgaria, che all’epoca, agli inizi del ‘900, è un vero e proprio microcosmo plurilinguistico, un microcosmo multiculturale. Inoltre, sin dall’infanzia lo scrittore è costretto a continui spostamenti che concorrono – possiamo dire – a trasformalo in un cosmopolita. D’altra parte, invece, ben diversa è la condizione di Thomas Bernhard, le cui radici sono innegabilmente austriache: è nato in una famiglia residente in Austria da generazioni (anche se in realtà è nato in Olanda ma per ragioni biografiche complicate gli si attribuisce la natalità in Austria) e vi rimarrà per tutta la vita. Questo vincolo geografico e biografico emerge chiaramente nella sua produzione, in quanto essa è caratterizzata da una topografia ben precisa. L’ambientazione corrisponde ai luoghi in cui l’autore nasce e cresce, quindi la campagna dell’alta Austria, Gmunden, Vienna.
Nonostante queste salde radici, Bernhard non riesce a identificarsi con una patria, non riesce a trovare un centro nevralgico, un centro di gravità. Infatti, basta leggere le affermazioni al vetriolo che rivolge verso la politica, la cultura e il retaggio nazional socialista che caratterizzano l’Austria post-bellica. Quindi, da una parte abbiamo un autore fortemente radicato in luoghi specifici, dall’altra un autore che per via dei continui spostamenti, delle lingue acquisite grazie a questi spostamenti e di una consapevolezza geografica incredibile e molto positiva, diventa un cosmopolita vero e proprio. Questo continuo peregrinare ha come conseguenza l’impossibilità di identificarsi con una patria, con un luogo preciso: nemmeno Canetti trova un’origine. Questo è appunto il complesso delle origini.
Per quanto riguarda i luoghi e gli spazi, riprendendo i concetti di «topophobia» e «topophilia», che significati assumono questi due termini nella tua ricerca? E che tipo di simbologia si può trovare negli spazi proposti da questi due autori?
Per quanto riguarda i concetti di topophobia e topophilia, vorrei porre particolare attenzione sulla ricerca delle motivazioni per cui, e delle modalità attraverso cui, i personaggi bernhardiani e canettiani mostrano una spiccata vicinanza emotiva o un rifiuto categorico verso spazi precisi. Per esempio, prima abbiamo citato Frost il primo romanzo pubblicato da Thomas Bernhard nel 1963. Ecco, Frost offre uno degli esempi più calzanti, più pregnanti di questo atteggiamento. Nel tentativo tipicamente bernhardiano di smantellare determinate concezioni falsificanti decisamente negative associate all’identità austriaca, la rappresentazione del paesaggio alpino austriaco viene caratterizzata tramite un senso di – in tedesco si dice Unheimlichkeit – oscurità verso questa topografia vista come nemica.
La topografia e il clima del luogo diventano simboli della malattia interiore dei personaggi che li abitano, e generano un senso di destabilizzazione, di marginalità e di estraniamento, sia nel lettore, che nei protagonisti dell’opera stessa. Questo perché nelle opere dei due autori, di Canetti in particolare, è individuabile una convergenza tra il luogo e l’ego, sia dell’autore che del personaggio, che si riflette in una sorta di ermetismo e di caratterizzazione specifica degli ambienti in cui i protagonisti dimorano – basta pensare a Das Kalkwerk, “la Fornace” di Thomas Bernhard o a Die Blendung di Elias Canetti. La considerazione che viene sviluppata in merito a tali ambientazioni oscilla, per quanto riguarda i personaggi principali, tra un luogo di rifugio, da cui fuggire dalla massa, e una concreta prigione del pensiero e dello spirito.
Ho citato prima “la Fornace” di Bernhard, “la Soffitta” di Höller (nell’opera Korrektur, in italiano “Correzione”) sempre di Bernhard, la torre di Amras, altro scritto bernhardiano, così come la biblioteca di Peter Kien, protagonista di Die Blendung: tutte espressioni spaziali di reclusione nel proprio io – quindi convergenza tra luogo ed ego – che oscillano tra i concetti di topophilia e topophobia. Questi concetti aprono la strada a un’analisi approfondita, innovativa, quanto meno in ambito tedescofono e interdisciplinare soprattutto.
La reclusione degli autori nel proprio ego – hai accennato a questa reclusione dicendo che i due autori sono limitati spazialmente – potresti approfondire in che modo, appunto, sono limitati spazialmente? Soprattutto i personaggi femminili a cui sembri aver rivolto una particolare attenzione.
La limitazione si rivolge più ai personaggi piuttosto che agli autori, anche se volendo potremmo considerare anche la limitazione spaziale bernhardiana un aspetto interessante. Principalmente sono i protagonisti delle opere ad essere limitati e, nella terza parte del mio progetto, vorrei dedicare particolare attenzione alla limitazione spaziale che viene imposta dai personaggi maschili ai personaggi femminili. Parlando un secondo di questi personaggi femminili: le donne ricoprono un ruolo peculiare e analogo all’interno della narrativa dei due autori. Esse non sono mai le uniche protagoniste, sono figure comprimarie, ambigue, che fungono da controparte ai personaggi maschili, i quali sono immancabilmente maschili. Essi sono personaggi problematici, grotteschi, esasperati e potenzialmente poliedrici.
Attraverso l’analisi delle loro peculiarità si possono scorgere degli echi, dei richiami, dei rimandi alle donne che hanno fatto parte della vita dei due autori: le rispettive madri; la moglie di Canetti, Taubner-Calderon; la donna amata da Bernhard – “amata” non si sa, ma comunque una donna particolarmente importante per la vita di Bernhard – ossia Edwige Stavianicek; così come numerose altre: la proprietaria di una stanza affittata da Canetti in gioventù; Ingeborg Bachmann, che è il modello del personaggio femminile di Ja, novella bernhardiana. È interessante notare che le donne descritte dai due autori sono costantemente limitate, sia da un punto di vista stilistico narratologico, sia da un punto di vista tematico.
La narrazione della limitazione dello spazio femminile coinvolge l’ambiente stesso, in cui tali figure operano, perché data la possibile minaccia che le donne rappresentano nei confronti del dominio e dell’identità, rigidamente e faticosamente definita dai personaggi maschili, essi tendono a confinarle in spazi specifici, per allontanarle dal proprio campo d’azione. Un obiettivo interessante è dunque capire, non solo come la rappresentazione dei personaggi femminili sia stata influenzata dall’origine problematica dei due autori, ma anche come i vincoli spaziali, a cui esse sono legate, vadano interpretati e compresi. Anche in questo caso c’è un forte legame tra geografia e letteratura.
Giungendo al termine di questa intervista: come hai spiegato precedentemente, nel tuo lavoro è possibile riscontrare un approccio interdisciplinare – lo abbiamo visto, ad esempio, non solo nell’approccio verso gli spazi e i luoghi, ma anche verso i gender studies – volevamo sapere: dove pensi che potrà condurti la tua ricerca nel futuro?
Bella domanda. Possiamo dire che l’accostamento dei due autori apre sicuramente una prospettiva pressoché inesplorata dalla letteratura critica internazionale. Per questo motivo, studi di matrice interdisciplinare andrebbero sicuramente a colmare delle lacune vistose nelle bibliografie riguardanti questi due pilastri della letteratura contemporanea di lingua tedesca. Al di là della ricerca su Bernhard e Canetti, che chiaramente mi piacerebbe davvero tanto portare avanti, vorrei sicuramente ampliare le mie ricerche per quanto riguarda l’accostamento di ambiti di ricerca apparentemente lontani, come la letteratura e la geografia, sempre in relazione alla letteratura tedesca. Secondo me, studi di questo genere sono particolarmente interessanti e appassionanti, quindi vorrei proseguire in questa direzione.
Ilaria Manenti parteciperà alla giornata di studi Catastrofi e altri disastri: fra letteratura e geografia, che si terrà il 29 aprile 2022 presso l’Università degli Studi di Milano nella sede di via Festa del Perdono 7, aula Malliani ed esporrà le fasi della sua ricerca di dottorato.
Materiale bibliografico:
- Yi Fu Tuan, “Topophilia: a study of environmental perception, attitudes and values”. Columbia University Press, 1990.
- Yi Fu Tuan, “Landscape of Fear”. University of Minnesota, 2013.
- Robert Tally, “Ecocriticism and Geocriticism: Overlapping Territories in Environmental and Spatial Literary Studies”. Palgrave Macmillan, 2016.
- Robert Tally, “Topophrenia: Place, Narrative, and the Spatial Imagination”. Indiana University, 2018.
- William E. Mallory e Paul Simpson-Housley, “Geography and literature : a meeting of the disciplines”. Syracuse University, 1989.
Per citare questo articolo:
Ferraro Marco e Notarstefano Lucrezia. “Il complesso delle origini in Thomas Bernhard ed Elias Canetti – Intervista a Ilaria Manenti”. Geolitterae, aprile 2022. https://geolitterae.unimi.it/2022/04/19/il-complesso-delle-origini-in-thomas-bernhard-ed-elias-canetti—intervista-a-ilaria-manenti/