Vittorio Alfieri: i luoghi biografici come occasione di formazione politica e artistica

Vittorio Alfieri nacque ad Asti, nell’allora Regno di Sardegna, nel 1749. Dopo un’ insoddisfacente educazione presso la Reale Accademia di Torino, intraprese tre viaggi in giro per l’Europa alla scoperta di se stesso, maturando nel mentre un profondo odio per la ‘tirannide in astratto’, che vedeva concretizzarsi nei maggiori assolutismi illuminati dell’epoca. Questa repulsione, assieme ad un grande disprezzo nei confronti dell’arretrato e statico Piemonte sabaudo, lo portò a ‘spiemontizzarsi’, rinunciando a tutti i suoi beni in favore della sorella. Preferì inoltre al piemontese la lingua italiana, che riteneva essere l’unica adatta alle sue tragedie. L’amore per la marchesa Gabriella Turinetti di Prié svolse un ruolo fondamentale nella sua ‘conversione’ alla letteratura, poiché lo ispirò a scrivere la sua prima tragedia, Antonio e Cleopatra, aprendogli così le porte del successo. A Siena venne pubblicata la prima edizione delle sue tragedie e fu proprio in Toscana, dove si era trasferito per imparare appieno il suo idioma prediletto, che conobbe il suo ‘degno amore’, la contessa d’Albany, che divenne la sua compagna e lo seguì durante i suoi viaggi, da quello nella Francia rivoluzionaria fino a quello a Firenze, dove il famoso tragediografo morì nel 1803.

La ‘spiemontizzazione’

L’ educazione presso la Reale Accademia di Torino

Nato ad Asti nel 1749, Vittorio Alfieri entrò in tenera età nella Reale Accademia di Torino, destinata alla formazione dei paggi di corte e della gioventù nobile. Qui ricevette un’educazione arida ed ispirata a modelli culturali antiquati, della quale diede giudizi molto duri, a tal punto da parlare di ‘non-studi‘. Essa non era che il prodotto del rigido assolutismo che allora vigeva nel Piemonte sabaudo. All’epoca esso faceva parte del Regno di Sardegna e il potere centrale controllava ogni forma di vita associata. L’aristocrazia era fedele alla Corona e attaccata alle cariche burocratiche e militari e il clima economico e culturale era arretrato e statico. Nei confronti di questo ambiente ormai in decadenza, Alfieri maturò un profondo astio, opponendo alla tirannide piemontese istanze liberaliste e un individualismo aristocratico profondamente sprezzante nei confronti della borghesia in lenta ascesa. Nel 1778 per recidere ogni legame con la sua terra natia e ‘spiemontizzarsi’ definitivamente, rinunciò a tutti i suoi beni in favore della sorella, in cambio di una rendita vitalizia.

La questione della lingua

Come gran parte dei piemontesi dell’epoca, Vittorio Alfieri era madrelingua piemontese. Tuttavia, date le sue origini nobiliari, aveva una discreta conoscenza del francese e dell’italiano (ovvero il toscano), lingua quest’ultima che parlava però con influssi dagli altri due idiomi conosciuti. A contribuire al processo di ‘spiemontizzazione’ dell’autore non fu solo dunque il rifiuto dell’assolutismo sabaudo, ma anche l’impegno a perfezionare le sue conoscenze di italiano, leggendo i classici, compilando piccoli vocabolari, nonché compiendo una serie di viaggi a Pisa, Siena e Firenze fra il 1776 e il 1780. Fine ultimo era anche quello di apprendere la lingua che lui riteneva essere l’unica adatta alla stesura delle sue tragedie.

Reale Accademia di Torino al giorno d'oggi (foto di Pmk58). Licenza:  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Reale Accademia di Torino al giorno d’oggi (foto di Pmk58)

I viaggi

Conclusi gli studi, nel 1766 Alfieri decise di intraprendere tre viaggi che lo portarono in tutte le capitali europee, toccando città oggi considerate mete turistiche ed altre che erano allora ancora in costruzione. Negli anni che seguirono Alfieri si dedicò ad un vero e proprio Grand Tour, nonostante esso presentasse delle specificità che lo rendevano distinto da quello classico. Tipicamente, il Grand Tour consisteva in un viaggio verso città di interesse letterario, culturale e artistico considerate tappe fondamentali dell’educazione di giovani di famiglie benestanti e di potere. Tuttavia, la motivazione dei viaggi alfieriani fu di natura soprattutto esistenziale. Difatti il suo tour era il segno esteriore di una inquietudine interiore, una ricerca di qualcosa di indefinito, uno sfogo dalla vita di tutti i giorni e un tentativo di raggiungere mete impossibili, come i ghiacciai del Nord Europa. Alfieri si descrisse per tutta la sua vita come oscillante tra il mondo esterno e le malinconie interiori e cercò quindi con questo lungo tour europeo di sfuggire alla noia e all’insofferenza per la stasi, sentimenti che lo portarono ovunque, dall’Italia alla Francia, dall’Inghilterra all’Olanda, dalla Germania alla Russia. Nell’ Epoca III della sua famosa Vita, Alfieri non esitò a fare commenti taglienti sui luoghi visitati, che più che descrivere da un punto di vista geografico e antropologico, rappresenta nelle loro atmosfere e nelle emozioni che essi suscitarono in lui. 

Possiamo riassumere a punti le tappe fondamentali dei tre viaggi di Alfieri (1766-1775):

1° viaggio

  • Torino
  • Milano
  • Firenze
  • Lucca
  • Prato
  • Pistoia
  • Roma
  • Napoli
  • Veniezia
  • Genova

2° viaggio

  • Francia (Marsiglia, Parigi)
  • Inghilterra (Londra)
  • Olanda

3° viaggio

  • Austria (Vienna)
  • Germania (Berlino e Prussia
  • Danimarca
  • Svezia e Finlandia
  • Russia (Pietroburgo)
  • Spagna

Mappa dei viaggi del giovane Alfieri

Incontro scontro con le tirannidi

Durante il suo terzo viaggio, Alfieri maturò un odio sempre più profondo nei confronti della tirannide, che vedeva declinata in Europa negli assolutismi illuminati di Maria Teresa D’Austria, Federico di Prussia e Caterina la Grande di Russia nonché nella monarchia francese di Luigi XV. Secondo il famoso tragediografo essi impedivano il prosperare della vita culturale, artistica ed economica, che poteva svilupparsi solo in condizioni di piena libertà. A ciò si somma il profondo disprezzo nei confronti degli abitanti di questi famosi e rinomati regni, poiché incapaci di ribellarsi nei confronti dei loro oppressori. Altra fonte di totale avversione è il militarismo prussiano, probabile conseguenza del disprezzo maturato nei confronti dell’ educazione paramilitare ricevuta presso la Reale Accademia di Torino. Il giovane Alfieri amò invece le liberali Inghilterra e Olanda, visitate durante il suo secondo viaggio, e ancor più i ghiacci svedesi e i deserti dell’Aragona, paesaggi estremi e solitari nei quali vedeva rispecchiato il suo aristocratismo individualistico e la sua personalità eroica.

Gli amori di Alfieri come percorso di maturazione poetica

Durante i suoi viaggi Alfieri incontrò donne con le quali visse brevi avventure d’amore, come la ‘bellissima signora’ in Inghilterra e la ‘gentil signorina’ in Olanda, ma decisivo fu l’amore per una terza donna, la marchesa Gabriella Turinetti di Prié, incontrata a Torino. Difatti fu proprio quest’infatuazione a portare Alfieri a capire il valore della scrittura, conducendolo ad una netta ‘conversione’ alla letteratura (di cui si possono scorgere i primi germi nella lettura delle Vite parallele di Plutarco). Durante la stesura della sua prima tragedia Antonio e Cleopatra (in seguito denominata Cleopatraccia), capì che trasmettere i suoi sentimenti attraverso la poesia era l’unico modo per raggiungere la catarsi e superare i suoi tormenti. La tragedia andò in scena nel 1775 presso il Teatro Carignano di Torino con successo e il giovane Alfieri vide manifestarsi in questo episodio la sua missione di poeta tragico. Il suo soggiorno in Toscana, durante il quale studiò in modo approfondito la lingua italiana e vide uscire la prima edizione delle sue tragedie nel 1783, venne prolungato dalla conoscenza di una quarta donna, la contessa Luisa Stolberg-Gedern d’Albany, incontrata a Firenze. La contessa d’Albany era moglie di Carlo Eduardo Stuart, conte di Albany, ma questo non ostacolò il loro innamoramento. Come descrive Alfieri, la contessa era il suo ‘degno amore’, e insieme decisero di fuggire prima a Roma, per in Alsazia e a Parigi, proprio quando stava iniziando la Rivoluzione Francese. Sebbene inizialmente Alfieri si appassionò alle cause rivoluzionarie, che risvegliavano il suo spirito antitirannico, presto si ricredette di fronte alle derive autoritarie giacobine. Si stabilì così definitivamente a Firenze, dove visse in solitudine e pieno di odio nei confronti dei francesi, che ormai dominavano l’Italia a seguito delle guerre napoleoniche, fino alla sua morte nel 1803. 

Teatro Carignano a Torino oggi (foto di Marco Plassio). Licenza:  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Teatro Carignano a Torino al giorno d’oggi
(foto di Marco Plassio)

Per citare questo articolo

Cavicchio, Alessia. Vita, Margherita Corinna. “Vittorio Alfieri: i luoghi biografici come occasione di formazione politica e artistica”, Geolitterae, Università degli Studi di Milano, 9.05.2023, https://geolitterae.unimi.it/2023/05/09/vittorio-alfieri/

Riferimenti bibliografici