Pescare i figli perduti nel fiume: Fishing the Sloe – Black River di Colum McCann

“The women fished for their sons in the sloe-black river that ran through the small Westmeath town, while the fathers played football without their sons, in a field half a mile away.” Così Colum McCann apre questo racconto, una frase breve ed asciutta, che contiene in sè la malinconia di una felicità perduta. Le madri si incontrano la mattina per pescare i figli dal fiume, mentre i padri giocano a calcio senza di loro. Fishing the Sloe – Black River, racconto contenuto nella raccolta dallo stesso nome, venne pubblicato nel 1994, segnando il debutto di McCann nel mondo letterario.   

 L’autore presenta una comunità unita in un’istantanea che descrive una mattina come tante altre, il mondo immediato della domesticità, ritualità e ripetitività che la vede coinvolta nella sua interezza. Questa comunità è rappresentante delle radici, del mondo ancestrale e atemporale che costituisce le radici dell’autore prima della sua partenza: anch’egli fa parte dei “figli perduti” che se ne sono andati per andare in cerca di fortuna. Il senso di familiarità pervade l’intero racconto, dai dettagli più generali come la descrizione del cielo in questa mattinata al linguaggio usato per descrivere il marito di Mrs. Harrington, l’unico artista, “he wasn’t worth a barman’s fart on the field”. Fa sorridere come l’unico personaggio menzionato in chiave ironica e quasi dispregiativa sia un artista tra gli altri uomini.    

“The aurora borealis was beginning to finger the sky with light the color of skin, wine bottles, and the amber of the town’s football jerseys. Drowsy clouds drifted, catching the colors from the north. A collie dog slept in the doorway of the only pub. The main street tumbled with litter.”

Non c’è però solamente il mondo immediato dei personaggi ma anche il mondo ancestrale della ritualità: l’autore individua un luogo che in sè è pastorale, che rimanda ad una dimensione atemporale oltre a quella dell’ora, un tempo di miti e leggende a cui si aggiungono elementi iperrealistici, come la confezione vuota di cioccolata che viene trascinata dal vento sotto gli occhi di Mrs. Conheeny, oppure il parroco che gioca insieme agli altri uomini. Sottosta a questo quadro un desiderio di ricostruzione del mondo domestico che induce le madri ad andare al fiume ogni mattina per tentare di recuperare i figli perduti nel loro esilio.                                         

Nel mondo statico del villaggio, radicato nella ritualità e immobilità, l’unico elemento di movimento è l’acqua del fiume: messaggera di cambiamento e mutevole, rimane comunque un punto di riferimento per le donne. Il tempo si configura e si incarna in un aspetto della natura, un fiume che separa le famiglie e a cui le madri sono direttamente opposte, anche se esse stesse dimostrano i segni del cambiamento nei loro volti invecchiati. È una battaglia persa quindi, quella dell’uomo contro l’incessante scorrere del tempo e della sua sopravvivenza di fronte al torrente che porta via i figli e distrugge le famiglie.

“Heavy roars keened through the air as the evening stole shapes. Each time the women heard the whistle blow, they raised their heads in the hope that the match was finished so they could unsnap the rods and bend toward home with their picnic baskets.”                                                                 

Il ripetersi di questi rituali e questa gestualità quotidiana viene visto dai genitori come l’unica possibilità per fare fronte al cambiamento; i figli “perduti” invece vengono trascinati dalla corrente del fiume in una coreografia di abbandono della terra natia che rispecchia l’esilio dell’autore stesso. L’immagine di Irlanda che viene proiettata avvolge sia il naturale che l’umano: i genitori sono assimilati al paesaggio fermo e statico, mentre i figli seguono il cambiamento lungo il corso del fiume e sconvolgono l’ordine naturale a cui i loro genitori si aggrappano. L’esilio viene così vissuto sui corpi di chi resta e di chi parte e il paesaggio, nella sua staticità, viene inghiottito dalla memoria che modifica e deforma i ricordi, mentre il futuro trasforma la nostalgia degli esuli in speranza per il futuro.

Per citare questo articolo

Bulfon, Elena. Pescare i figli perduti nel fiume: Fishing the Sloe – Black River di Colum McCann, Geolitterae, Università degli Studi di Milano, 30.06.2023.

Riferimenti bibliografici

Mianowski, Marie. “The Choreography of Exile in Colum McCann’s Fiction.” Nordic Irish Studies 13, no. 2 (2014): 31–42. http://www.jstor.org/stable/24332407.

McCann, Colum. Fishing the Sloe-Black River. Bloomsbury Publishing PLC, 2021.

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