Nell’articolo Literature and Humanist Geography, Douglas Pocock ci invita a riflettere su come i geografi umanisti studiano la letteratura e, in particolare, “the sense of place”. Un approccio talvolta rigido e limitato, secondo Pocock, della geografia umanistica, tende a privilegiare l’analisi dei luoghi fisici a scapito delle esperienze personali e dei legami emotivi che le persone sviluppano con questi luoghi.
Pocock apre il suo saggio con una citazione critica, tratta da After Many a Summer, di Aldous Huxley per sottolineare come la geografia tradizionale venga spesso vista come una disciplina eccessivamente rigida: “solemn tosh about Regional Literature”. Questa critica, per Pocock, esprime perfettamente un problema di fondo: se la geografia vuole davvero comprendere cosa significhi “vivere” un luogo, non può limitarsi a descriverlo come se fosse un punto su una mappa. Deve anche abbracciare la soggettività dell’esperienza umana. Come riporta Pocock, troppo spesso si è data troppa enfasi al concetto di luogo e regione, quando in realtà “geographers will best attain their goal of understanding if they are willing to encounter human experience as well as ‘objective’ geographical reality”.
Uno dei punti cardine dell’argomentazione di Pocock riguarda il concetto di senso del luogo. È interessante notare che, sebbene gli umanisti lo considerino un elemento centrale, questo è spesso trattato in modo ambiguo e contraddittorio. Pocock sottolinea, ad esempio, come Porteous sembri proporre due visioni diverse di “tradizionale”: inizialmente come visione obiettiva e meccanica, ma poi utilizzata per includere studi che, paradossalmente, parlano proprio di “senso del luogo”. Pocock trova che ci sia una certa confusione nei termini, che finisce per minare la comprensione del legame tra geografia e letteratura. Inoltre, secondo Pocock, è inesatto affermare che “the ‘sense of place’ notion bedevils the literary geographer”, poiché ciò non rappresenta in modo corretto né l’approccio tradizionale né quello umanistico.
Anche la “matrice concettuale” di Porteous, che intende differenziare tra “human experience of place” e “location of experience”, suscita in Pocock una reazione mista. Se da un lato apprezza il tentativo di Porteous di costruire una griglia per leggere i rapporti tra persona e luogo, dall’altro trova problematico che essa limiti lo studio del “senso del luogo” solo a certe condizioni (“home-inside”per esempio). Così facendo, si rischia diperdere la complessità delle esperienze personali che sono spesso in continuo mutamento.
Pocock ci invita poi a considerare come le nostre esperienze più significative – siano esse d’amore, dolore o felicità – siano sempre radicate in luoghi specifici. Non possiamo parlare dell’esperienza umana come se fosse un’entità separata dallo spazio. Le emozioni si intrecciano ai luoghi, tanto che spesso ricordiamo in modo vivido il luogo in cui eravamo durante eventi importanti della nostra vita. Questo legame tra luogo e memoria, tra spazio e significato, è ciò che Pocock ritiene fondamentale, e che invita i geografi a non dimenticare.
Alla fine, Pocock conclude che il vero obiettivo della geografia umanistica dovrebbe essere quello di bilanciare l’esplorazione dell’esperienza umana con la comprensione dell’ambiente reale. Solo un approccio che unisca la precisione scientifica all’empatia per la condizione umana può riuscire a cogliere la ricchezza di ciò che significa vivere e “essere nel mondo”.
Pocock, Douglas. Literature and Humanist Geography. The Royal Geographical Society, 1986.
The Royal Geographical Society (with the Institute of British Geographers)
Camilli,Clara. Recensione di Literature and Humanist Geography di Douglas Pocock, Geolitterae.
http://recensione-del-saggio-literature-and-humanist-geography-d-pocock
https://geolitterae.unimi.it/2024/10/22/il-racconto-del-luogo-tra-geografia-e-letteratura/