In occasione del convegno “Alla fine del mondo e oltre” , abbiamo avuto l’occasione di porre delle domande alla prof.ssa Elisabetta di Minico, ricercatrice specializzata di utopia, distopia e contemporaneità.
Margini e alterità nel fumetto supereroistico
All’interno del fumetto, e nello specifico nel mondo della nona arte supereroistica, non manca il racconto delle migrazioni dei margini e dell’alterità. Fin dall’apparizione di Superman nel 1938, il fumetto dei supereroi ha sempre raccontato molto dei personaggi estranei, esterni. È stato fatto in maniera metaforica, perché nella Golden age e nella Silver age, le prime epoche del fumetto, il racconto dell’alterità era principalmente allegorico: c’erano pochi personaggi che visivamente richiamavano anche una diversità etnico-razziale.
Col passare del tempo, la nona arte ha iniziato a rispecchiare realmente la società arrivando ad una contemporaneità costituita da racconti sempre più inclusivi ed intersezionali.
Il rapporto tra supereroe e comunità
In primo luogo, afferma la prof.ssa di Minico, è necessario tenere in considerazione che il discorso relativo al rapporto tra supereroi e società è estremamente complesso, poiché dipende molto dal punto di vista attraverso cui viene analizzato. Possiamo differenziare supereroi utopici e quelli distopici, che incarnano principalmente dei soggetti superiori e autoritari che agiscono al di fuori della legge. Allo stesso tempo, essi rappresentano anche un invito a prendere posizione: pensiamo a Batman, che è calato in un contesto noir, hard-boiled e pulp molto estremizzato. Inizialmente, infatti, l’eroe uccide i suoi nemici.
Negli anni 60’, soprattutto con Stan Lee e Jack Kirby arrivano supereroi molto più calati nel quotidiano: non si pongono, quindi, al di sopra della popolazione, ma sono membri anche delle classi medio-basse. Iniziano ad avere problemi di isolamento, di emarginazione. C’è un racconto del supereroe che è complicato e che va sempre contestualizzato alle epoche in cui viene costruito. Tanti supereroi sono bianchi, eterosessuali, e rappresentano la classe dominante: dobbiamo aspettare decenni per avere i primi supereroi afroamericani o afrodiscendenti e per una rappresentazione femminile che non sia oggettivata o ipersessualizzata.
Rappresentazione migrante del supereroe
Superman rappresenta, tecnicamente, un migrante, in quanto viene da un altro pianeta. Nonostante ciò, si inserisce perfettamente all’interno della società, arrivando addirittura ad incarnarne tutti gli ideali principali (non a caso, da 80 anni, è bandiera del patriottismo statunitense). Ci sono altri eroi più conflittuali come Luke Cage e gli X-Men, che arrivano in un periodo di contestazione, ovvero durante la lotta per i diritti civili. Magneto, difatti, richiama Martin Luther King, proprio per diretta affermazione dei creatori.
In alcuni contesti il supereroe rispecchia le minoranze, in altri, come quello di Superman, nonostante il passato migrante e sebbene mostri come l’inclusione sia fondamentale nella storia degli Stati Uniti, rimane un uomo bianco, eterosessuale e dominante. Al contrario, gli X-Men rappresentano tutte le minoranze rifiutate e rigettate da un punto di vista etnico, razziale, sessuale, medico (Rogue, ad esempio, è un’incarnazione del diverso non solo in quanto minoranza, ma rappresenta un’allegoria dell’HIV).
Relazione tra paesaggio e supereroe
Generalizzando un po’, molti racconti supereroistici giocano con i cliché utopici e distopici, quindi sulla creazione del buon luogo e di quello cattivo. La metropoli si presta molto facilmente ad un racconto sfaccettato, perché possono esserci zone più utopiche, altre più distopiche, e normalmente c’è una correlazione tra spazio e personaggi. Entrambi diventano quasi l’uno specchio dell’altro: si pensi alla Gotham di Batman. È una città verticalizzata opprimente, decadente, perfetta per il tipo di racconto cupo, quasi espressionista, che crea il supereroe. Vi sono anche supereroi rurali, o gettati in contesti selvaggi. Clark Kent stesso arriva in un paesaggio ruralissimo, venendo adottato da una gentile famiglia contadina, e solo dopo si sposta su Metropolis.
L’importanza sociale del fumetto
Il fumetto, secondo la dott.ssa di Minico, è sempre stato una sorta di “vaccino” contro l’indifferenza umana, ha raccontato i margini e ha sempre dato voce agli ultimi (anche se in alcuni contesti l’ha fatto in maniera un po’ autoritaria o da un punto di vista etnocentrico). Di base, ci insegnano a vederci nell’altro perché i “supereroi hanno super-problemi”, gettandoci in un contesto che ci invita a prendere posizione con empatia, come pochi generi riescono a fare.
Per citare questo articolo
Ferraro, Martina. “Alterità ed esperienza migrante nei fumetti di supereroi: intervista a Elisabetta di Minico”. Geolitterae, Università degli Studi di Milano, 28/04/2024, https://geolitterae.unimi.it/2024/04/27/alterita-ed-esperienza-migrante-nei-fumetti-di-supereroi-intervista-a-elisabetta-di-minico/