Laghi e paludi (2017)

Laghi e paludi
Il volume raccoglie i contributi presentati nella giornata di studio tenutasi nell’aprile 2015, presso la Facoltà di Studi umanistici dell’Università degli Studi di Milano, sul tema “Laghi e paludi. Prospettive geografiche e letterarie”. Gli autori dei saggi sono: Nicoletta Brazzelli, Flavio Lucchesi, Emilia Perassi, Giuseppe Rocca, Gino Ruozzi, Anna Maria Salvadè, Guglielmo Scaramellini, William Spaggiari.

Informazioni bibliografiche 
Laghi e paludi. Prospettive geografiche e letterarie, a cura di Elena Ogliari e Giacomo Zanolin. Milano-Udine: Mimesis, 2017, p. 246. ISBN 978-88-5755-031-2.

Sinossi
Luoghi delicati, fragili e preziosi o siti di orrore, oscurità e morte, i laghi e le paludi, fin dall’antichità, nutrono un ricco immaginario, che si riflette nelle opere poetiche e narrative. Scrittori e viaggiatori che hanno saputo cogliere il potenziale espressivo di questi ambienti sono al centro del presente volume che si colloca idealmente all’intersezione tra geografia e letteratura. Laghi e paludi trae origine da una giornata di studio tenutasi presso l’Università degli Studi di Milano e propone contributi di geografi e letterati in dialogo tra loro.

Dall’Introduzione “I laghi e le paludi tra geografia e letteratura”

Time winds through
the lake of memories
in frozen tongue
Howard Altmann, The Lake of Memories, 2010

Pigra, limosa, fetente, coperta di dense gramigne,
la vasta palude sogghigna in faccia al sole.
Gabriele D’Annunzio, Palude, 1879

L’acqua è un composto chimico banale ma essenziale per la vita terrestre, può assumere forme diverse e nelle sue molteplici declinazioni caratterizza numerosi oggetti geografici: mari, fiumi, sorgenti, ghiacciai, banchine artiche, laghi e paludi, ma anche nebbia, pioggia, neve, grandine, uragani. Acque dolci, salate, ferme, in movimento, solide, liquide e gassose, la topografia terrestre è basata sulla loro presenza; disegnano i confini del mondo conosciuto presentandosi a volte come limiti, frontiere, finis terrae […].


Abstracts e Indice del volume:

Guglielmo Scaramellini
Maremme e paludi tirreniche.  Territori materiali e luoghi simbolici nell’Italia moderna e contemporanea

Il saggio prende in esame le “maremme tirreniche”, il territorio costiero che, esteso dalla Lunigiana al Cilento, è stato caratterizzato in passato da condizioni ambientali e antropiche difficili per la presenza di paludi e acquitrini, da insediamenti radi e precari, da un’economia arcaica fondata sul nomadismo pastorale. L’analisi dei testi di importanti autori dei secoli tardo XVII – primo XIX (G. Burnet, J. Addison, G. Targioni Tozzetti, J.W.Goethe, J.C.L. Simonde de Sismondi, J.G. Seume, C.V. de Bonstetten, F.-R. de Chateaubriand, J.-F. de Châteauvieux) rileva interpretazioni diver- se secondo le rispettive visioni ideologiche, ma anche evidenti punti in comune, soprattutto perché tali realtà geografiche, con le loro qualità estetiche e suggestioni ideologiche, divengono territori e paesaggi simbolici, capaci di colpire profondamente visitatori e studiosi. Interesse universale suscitano i territori dello Stato dalla Chiesa (Campagna Romana e Paludi Pontine), le cui cattive condizioni ambientali e sociali, economiche, culturali consentono ai viaggiatori “filosofi” di evocare i guasti del regime politico-religioso pontificio (assolutismo, oscurantismo, superstizione). Meno battute la maremma “toscana” (marginale rispetto agli itinerari canonici del Grand Tour e facente parte di uno Stato dal governo “illuminato”) e “campana” (che riscuote grande interesse per le rovine greche di Paestum, ma è posta al limite meridionale del “viaggio in Italia”, che di norma terminava a Napoli). Nelle valutazioni estetiche del paesaggio e delle forme di vita delle popolazioni, il canone corrente è quello del “pittoresco”, che apprezza l’irregolarità e il contrasto degli ambienti, la singolarità dei generi di vita (come quelli dei pastori nomadi la cui esistenza al seguito di mandrie e greggi e i cui insediamenti precari e primitivi ricordano ad alcuni le steppe asiatiche). Esempio di tale visione si trova nelle incisioni del pittore inglese Charles Coleman, che, alla metà dell’Ottocento, rappresenta in maniera “pittoresca” ciò che mezzo secolo prima i viaggiatori avevano descritto a parole.


Flavio Lucchesi
“Il lago giaceva liscio e piano”. Paesaggi geo-letterari riflessi nelle acque lariane

Questo contributo si apre con la delineazione delle principali caratteristiche climatiche e del peculiare ambiente biotico che contraddistinguono le differenti fasce altimetriche della regione lariana; viene poi sinteticamente ripercorsa l’evoluzione della lunga opera di antropizzazione che ha segnato nel tempo le rive, le vallate e le pendici dei monti, in un continuo e proficuo intreccio tra natura e uomo. Infine, l’attenzione si incentra sul profondo interesse che il lago di Como ha sempre destato presso poeti e narratori, risultando un’importante fonte di ispirazione letteraria: sin dall’epoca romana, infatti, numerosi scrittori italiani e stranieri ne hanno cantato nel corso dei secoli la mitezza del clima e le bellezze paesaggistiche, sottolineandone con sensibilità ed empatia la pittoresca atmosfera, ricca di un fascino insieme severo e sereno, e scrivendo pagine di grande utilità e valore anche per gli studi di Geografia umanistica.


Giuseppe Rocca
L’invenzione del lago. Luoghi lariani del tempo libero e paesaggi di carta: dalla villeggiatura al turismo di élite e l’immagine turistica

L’autore considera il mito del lago nell’immaginario collettivo ed individuale. Analizza poi il caso del lago di Como e il suo richiamo nel lungo periodo. Infatti, da area di villeggiatura – come testimonia ancor oggi il patrimonio storico-culturale rappresentato dalla forte concentrazione spaziale di ville (oltre settanta quelle sottoposte a tutela) sorte tra il Cinquecento e il primo Novecento – il lago di Como nella seconda metà dell’Ottocento diventa una regione di turismo elitario frequentata dall’aristocrazia, dall’alta borghesia e – dagli inizi del XX secolo – anche e sempre più dalla piccola borghesia. Suddividendo il contesto geografico di riferimento in tre subregioni (area costiera occidentale, promontorio centrale e area costiera orientale) l’autore cerca di ricostruire la dinamica crono-spaziale di diffusione delle ville storiche, che registrano il loro sviluppo più intenso nel XVIII e XIX secolo (due terzi del totale delle residenze ancor oggi esistenti) e nell’area costiera occidentale, che concentra addirittura l’80% delle ville storiche! Nel caso, invece, del processo di diffusione crono-spaziale del turismo moderno, considerato in termini di strutture ricettive alberghiere, tale fenomeno evidenzia il suo maggior sviluppo tra fine Ottocento e gli anni Trenta del Novecento. Nel 1876, infatti, si conta già la presenza di sei grandi strutture di lusso, aumentate a 8 nel 1907; nello stesso periodo le altre categorie alberghiere aumentano da 17 a 36, ma nell’arco di pochi anni sono destinate ad esplodere (134 nel 1938)! Il patrimonio naturalistico e storico-culturale offerto dalla regione lariana merita di essere tutelato, attraverso la realizzazione di un sistema di percorsi culturali, la cui gestione dovrebbe essere affidata ad un “parco culturale”, preposto a gestire e mantenere agibili tali percorsi, oltre a garantire una promozione turistico-culturale sostenuta da eventi culturali organizzati con il coinvolgimento della popolazione locale, in grado di mettere in risalto il genius loci dell’area e cioè la sua anima “nobile”, incentrata sulla località di Bellagio e sul suo hinterland immediato, nonché la sua anima “rurale”, partendo ad esempio dalla realizzazione brevi percorsi.


Nicoletta Brazzelli
“Ours was the marsh country”: le paludi da Great Expectations (1861) di Charles Dickens a Waterland (1983) di Graham Swift

Nella cultura occidentale in generale, e in quella inglese in particolare, le “wetlands” sono state tradizionalmente associate al pericolo, alla malattia e alla morte, sulla scia della rappresentazione allegorica del Pilgrim’s Progress di John Bunyan; non essendo propriamente né terra né acqua, ma collocandosi fra i due elementi, le paludi raffigurano una transizione temporale, oltre che spaziale. Nei testi letterari inglesi del XIX e del XX secolo, stagni e paludi acquisiscono significati metaforici e simbolici. Siti dove si incontrano vita e morte, le aree paludose sono collegate alla malvagità, al mistero, ma anche alla metamorfosi. In Great Expectations, Charles Dickens concentra una sezione cruciale della narrazione nelle paludi del Kent, alle foci del Tamigi, puntando sulla trasformazione dell’identità di Pip, soprattutto attraverso il suo contatto con il forzato Magwitch, che incarna l’aspetto “criminale” delle paludi e dell’intera società inglese. L’opera postmoderna di Graham Swift Waterland, ambientata nelle Fenlands della East Anglia, dialoga intertestualmente con il romanzo vittoriano di Dickens. Per Tom Crick, la voce narrante, le “wetlands” sono spazi favolosi, di crescita e di sviluppo personale, ma anche luoghi traumatici; per quanto vi si annidino male, violenza e follia, esse suscitano curiosità, esercitano un potere straordinario sulla mente di chi le abita e generano nuove modalità di raccontare la Storia e le storie. Nella rappresentazione di zone piatte e monotone, canali e chiuse, geografia e storia si intrecciano e si illuminano a vicenda. La marginalità e la liminalità delle paludi aprono nuove vie per interpretare il passato dell’Inghilterra, del mondo e dell’esperienza umana al suo interno.


William Spaggiari
Da Scott a Rossini: le metamorfosi di un lago romantico

Mettendo a confronto testi di natura diversa, spesso soggetti a rifacimenti e adattamenti, il contributo passa in rassegna le modalità attraverso le quali si sviluppa, in Italia, la fortuna di Walter Scott; non quella del grande narratore in prosa, che tanta influenza ebbe sulla cultura romantica, bensì quella dell’autore di The Lady of the Lake, il poema del 1810, la cui materia divenne popolare in Italia (attraverso la mediazione francese) grazie alla versione teatrale di Andrea Leone Tottola, andata in scena a Napoli nel 1819 con musiche di Gioachino Rossini. L’ambientazione fra le solitudini del nord della Scozia, il tema patriottico, l’immagine del lago sul quale e intorno al quale si svolgono vicende d’amore e di lotta costituiscono elementi di forte suggestione nel testo originario, e vengono variamente declinati in Italia, nel teatro d’opera e poi nelle forme del racconto romanzesco, con molte concessioni ai parametri del gusto letterario corrente. Il topos del lago, in particolare, ebbe larga circolazione, mettendo insieme gli influssi della tradizione con la moderna rilettura dell’immaginario nordico; operazione in cui si era distinto Melchiorre Cesarotti, sollecito traduttore dei poemi di Ossian-Macpherson, che quella ‘moda’ avevano avviato.


Anna Maria Salvadè
“Il refrigerio amico”: la letteratura delle acque nell’Ottocento italiano

Il contributo riunisce i frammenti sparsi di una letteratura termale dai confini incerti, lungo tre coordinate che, pur intrecciandosi e talvolta sovrapponendosi fino a configurare veri e propri percorsi paralleli, si dispongono secondo una specifica successione cronologica: la rievocazione poetica di primo Ottocento (che per buona parte si collega all’epistolografia didascalica del tardo Settecento, recuperandone anche l’armamentario retorico, se non addirittura mitologico); il contesto narrativo borghese di metà secolo (le terme come sfondo di eventi galanti e mondani, anche nella forma di commedie e ‘scherzi comici’, cui non è estraneo il progressivo affermarsi delle villeggiature lacustri); la trattatistica degli anni successivi all’Unità, che muove dalla nascita dell’idroterapia come scienza autonoma e finirà poi con lo sconfinare, mutati i tempi, nella guida turistica, nella pubblicistica municipale, nell’opuscolo promozionale di stabilimenti e acque curative.


Emilia Perassi
Emilio Cecchi: un’escursione al lago di Xochimilco negli anni Trenta

Nel 1931 Emilio Cecchi viaggia in Messico, dopo aver soggiornato negli Stati Uniti. Ne risulteranno diciannove articoli inviati al Corriere della Sera, che commentano l’attualità política, culturale e sociale del paese, poi confluiti in un volume, dal titolo Messico, pubblicato nel 1932. Il libro viene considerato tra i migliori di Cecchi, una conquista di ritmo e di stile che gli consente di affinare in modo definitivo una scrittura che lo renderà fra i migliori prosatori d’arte italiani del Novecento. La rappresentazione del Messico risulta inusuale nel contesto in cui appare: le numerose cronache di viaggio in America Latina sono, in linea generale, modellate dagli ideologemi nazionalisti e dagli interessi colonialisti del fascismo. Del tutto differente la percezione di Cecchi che si abbandona alle “complesse delizie” del Messico. Il racconto della visita al lago di Xochimilco è giudicata da Calvino la parte letterariamente più bella del testo. Sarà durante quest’escursione che lo sguardo del viaggiatore coglierà riflessa sulla superficie inquieta di questo lago la sagoma perturbante della modernità che si sta annunciando non solo nel Messico degli anni Trenta, ma anche nell’Europa del viaggiatore.


Gino Ruozzi
Acque dell’inquietudine

I laghi dell’Italia del nord hanno ispirato nei secoli numerosi poeti e scrittori. In questo intervento Ruozzi si sofferma soprattutto sugli scrittori lombardi, da Parini a Manzoni, da Vittorio Sereni a Piero Chiara. Sotto l’apparente calma delle acque dei laghi si cela in realtà una natura inquieta, che insieme nasconde e rivela un’inquietudine esistenziale profonda. Nella scia della più altra tradizione letteraria lombarda e italiana i testi trattati mostrano questioni personali e collettive e parlano di un “mondo piccolo” che è immagine autentica e nello stesso tempo originale del “mondo grande”.

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